CONFERENZA SUL TEMA

“ CULTURA E TERZA ETA’ ”

 

 

 

Ringrazio, innanzitutto, il Prof Carmelo Garofalo, Direttore dell'UTE, autentico uomo di cultura, ed emblematico esempio vivente del tema che sono stato invitato a trattare questa sera. Essere qui oggi, insieme a illustri relatori, autorità, ospiti prestigiosi e -soprattutto- agli “allievi” dell’Università della Terza Età di Messina, tra cui quelli a me tanto cari del corso di “Storia della Poesia”, che mi onoro di tenere, mi riempie di gioia e soddisfazione. Ormai, grazie al progressivo allungamento della vita umana, si inizia a distinguere la terza dalla quarta età ( e forse presto ce ne sarà una quinta), pertanto gli iscritti alla UTE devono, a ragione, essere considerati -anche se relativamente- “giovani”. Se, del resto, rileviamo che una persona viene definita anziana quando ha superato i 60 anni (!), ci accorgiamo di quanto ciò che ho appena affermato sia vero. Pensate che Marco Tullio Cicerone scrisse il “De senectute” a sessant’anni e che Petrarca cominciò a scrivere le lettere che si chiamano le “Senili” quando i 60 anni non li aveva ancora. Dico subito, per non creare equivoci, che non condivido affatto una sempre più diffusa ed ingannevole retorica della vecchiaia, che si risolve spesso in una forma, non so quanto larvata, di captatio benevolentiae, come quando l’aumento del numero degli anziani viene considerato e sfruttato sotto l’aspetto dell’aumento del numero di eventuali consumatori, per cui si inventano nuovi spot pubblicitari, dove l’anziano -sorridente e felice- diventa un corteggiato protagonista della società dei consumi. In una società dove quasi tutto ha un prezzo, ed  è mercato, anche la senilità può diventare una merce da vendere, come tutte le altre. Questa è la cosiddetta, falsa, retorica del “vecchio bello”. No, il vecchio non è sempre bello. La vecchiaia non è sempre felice. La medicina ha fatto passi da gigante per quello che riguarda l’allungamento della vita e la diminuzione delle infermità tipiche della vecchiaia, ma in parecchi casi la vita dell’anziano è pura sopravvivenza, una lunga, tormentata attesa della fine. Non intendo assolutamente drammatizzare, però è giusto metter in evidenza anche l’altra faccia della medaglia, anche se è più comodo e rassicurante, ficcare la testa sotto un comodo paravento di sabbia. Il problema della Terza Età ha tanti aspetti importanti, e tra questi anche quello proposto alla nostra attenzione, del rapporto fra gli anziani e la cultura. Da questo punto di vista l’anziano si trova in una situazione di vantaggio, rispetto ai giovani ed agli adulti, il vantaggio del tempo libero. Naturalmente ci sono professioni in cui non si va mai in pensione, ma in genere la Terza Età è quella della cessazione del lavoro obbligatorio. Per la maggior parte della durata, la vita umana si svolge sottoforma di una sorta di condotta coatta, o per lo meno rigidamente regolata: durante l’adolescenza nella scuola, durante l’età adulta nel lavoro. Il tutto aggravato dalla sempre maggiore tecnicizzazione di ogni aspetto della vita sociale. Pensate quante volte nella giornata siamo schiavi del tempo, che scandisce con cronometrica precisione ogni evento e qualsivoglia attività. L’anziano in genere entra in una dimensione interamente nuova, quella caratterizzata dalla libertà rispetto alle attività che risentono di più della schiavitù dell’orologio, ed alle regole che controllano, rigorosamente, gli intervalli del vivere quotidiano. L’anziano può disporre -normalmente- di spazi temporali ben più ampi di quelli che abbia avuto negli anni precedenti. Diventa pertanto fondamentale impiegare questo apparentemente sovrabbondante tempo libero facendo in modo che non sia un tempo vuoto. Il tempo vuoto è la morte precoce! Al riposo del corpo, non bisogna accompagnare quello della mente. L’attività del pensiero è, al di fuori di -pur importantissime- considerazioni religiose quella che fondamentalmente differenzia l’Uomo dagli altri esseri viventi. Non condanno, naturalmente, il sedersi sulle panchine a godere le carezze del sole o una sana giocata a carte con gli amici o ancora una passeggiata serena coi nipotini, ma questo non credo possa bastare, anzi non deve bastare! Il corpo è giustamente stanco, in qualche modo logorato da anni di fatica, ma la forza creativa è intatta, poliedrica ed entusiasmante, per questo dedicare all’arte ed alla cultura parte di quella giornata, che per gli  anziani è molto –troppo- lunga,  diventa una necessaria risorsa per darle un significato più pieno e completo. Qualsiasi forma di arte costituisce un vitale strato di preziosissimo humus dal quale, affondando radici apparentemente esili ma -in effetti- vivide e assetate di conoscenza, l’anziano può apportare corroboranti fiumi di linfa alla sua volontà di vivere e di godere la vita. Assolutamente non trascurabili sono -peraltro- i risultati che si possono ottenere in termini di produzione di opere, che -non di rado- assurgono al ruolo di veri capolavori ( Camilleri docet). Organizzazioni come l’UTE di Messina, hanno un ruolo fondamentale in questo meraviglioso ed esaltante processo di crescita interiore e di miglioramento della qualità della vita. La frequentazione di queste strutture, permette agli anziani di -in qualche modo- raccontare le esperienze maturate lungo l’arco dell’esistenza tramite l’espressione artistica  e la rielaborazione culturale. E’ di grande interesse la possibilità di rispecchiarsi ed identificarsi nel docente e nei colleghi, attraverso legami  analogici, l’associazione e -perché no- la costruttiva dialettica del contrasto. Né si deve dimenticare tutto quello che gli anziani possono dare, per contribuire in modo altamente significativo al miglioramento qualitativo della società tutta, grazie ad un’interazione completa e gratificante. A tale proposito, per quanto mi riguarda, posso affermare che nella mia attività didattica, io ho fatto semplicemente  da tramite tra le varie proposte culturali di mia pertinenza e gli allievi, raccogliendo gli stimoli e i suggerimenti che mi venivano da loro, guidandoli nel percorso cognitivo, e la sciandomi guidare a mia volta da loro. Ho ricordi bellissimi delle lezioni fatte all’UTE, nella mia amata Messina. Dal punto di vista professionale e umano questa esperienza è stata per me molto importante, e di essa sono grato ai miei giovani anziani, soprattutto per aver ritrovato con loro un pezzo della mia storia e delle mie radici.

Carissimi amici, vivete pienamente questa stagione, essa vi appartiene, certamente non sarà l’ultima.

 

Giuseppe Risica